Con la recente sentenza 2251/2023 la Corte di Cassazione ha riconosciuto la condotta diffamatoria di un utente che aveva pubblicato su Facebook un post lesivo dell’onore, avente ad oggetto derisioni di caratteristiche fisiche, di un soggetto che era rimasto del tutto estraneo alla comunicazione intercorsa.

In particolare il post conteneva diverse affermazioni integranti c.d. “body shaming”, ritenute dalla Suprema Corte come una vera e propria aggressione alla reputazione della persona, diritto inviolabile legato alla dignità di tutte le persone.

“La pronuncia della Cassazione ha statuito la sovrapposizione delle condotte realizzare a mezzo web o social network e quelle realizzate nella vita reale – commenta il presidente Codacons Marco Donzelli – Alle frasi pronunciate sul web si applica la stessa disciplina delle frasi pronunciate in pubblico, con l’ulteriore aggravante della divulgazione mezzo web. La conseguenza è la possibilità di richiedere il risarcimento del danno in sede civile.

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