“Questo nuovo disco racconta che cosa voglia dire far parte di un gruppo rock. È divertente sei giorni su sette ma molte delle canzoni sono state scritte il settimo giorno.”

Così parlava Noel Gallagher degli Oasis dopo l’uscita di “(What’s the story?) Morning Glory”, una frase che potrebbe essere perfetta anche per il tanto atteso secondo album di Blanco, “Innamorato”.

Blanco sceglie la strada della sincerità, raccontando in modo onesto com’è cambiata la sua vita dopo aver raggiunto l’apice del successo. Un anno che pensavamo potesse essere pieno di gioia e soddisfazioni ma che ha lasciato segni profondi nell’anima dell’artista.

Ed è proprio “Anima Tormentata” la prima traccia del disco, che mette in risalto l’aspetto duale del cantante (Ho un diavolo sulla spalla destra che mi parla/ un angelo su quella sinistra che mi salva), pieno di energia eppure con profondi lati oscuri (Cosa mi scorre nelle vene/ adrenalina pura/ ho il cuore di gomma ma pompa così forte/ che non sento più la paura/ la strada è buia).

Ma è la rottura con Giulia che provoca la ferita più grande, presente in più tracce del disco. I primi scricchiolii del rapporto si possono intravedere ne “L’isola delle rose” (Se mi dici che non faccio più parte delle tue priorità/ cerco di capire se la tua bugia è una verità/ tutto in fiamme/ ricordi in fiamme/ i tuoi occhi in fiamme/ come fossi in fiamme), poi fughe notturne in “Scusa” (Corro nella notte /Non odiarmi se ti spezzi il cuore questa notte/ Non aspettarmi, non tornerò), fino a diventare una relazione che si protrae per inerzia in “Fotocopia” (E tu dimmi quante volte hai detto di ricominciare/ Tu dimmi quante volte ci siam fatti solo male/.

Tu dimmi perché hai voglia di continuare a scopare/ Tu dimmi che anche tu alla fine volevi cambiare). Ma è con “Giulia” che Blanco si mette a nudo davanti ai suoi fan. Il testo ci fa sentire spettatori di un litigio al quale nessuno avrebbe voluto assistere (Ma che casino che hai fatto/ È rimasto solo un disastro/ So che ti hanno ingannato/ Ma sanno tutto di noi/ E dividiamoci le colpe/ Sennò è una storia folle/ Finita quasi a botte/ Tutto tranne che dolce), il tutto in un climax che raggiunge l’apice verso il finale del brano (Ma infine, dopotutto, sembro io il farabutto/ Dopo che ti ho dato tutto/ Piangi e piangi e piangi come una fontana/ Mi dai del figlio di puttana/ Prendi a pugni la persiana).

Dopo la guerra restano solo la nostalgia e le macerie in “Lacrime di piombo” (Volevo dirti che/ Ogni anno, ogni giorno, ogni mese che passerà/ Ricorderò ogni “fanculo” come se fosse un “ti amo”/ Rеgalato, poi abusato come se fosse un boato/ E sono lacrimе di piombo, che scendon sotto i Ray-Ban/ Le asciugo e le nascondo, sorridendo a mia mamma/ Ma passerà), ma si affaccia un nuovo amore in “Un briciolo di allegria” (Ma per fortuna che/ Che poi ci siamo trovati/ Sotto un chiaro di luna/ Forse un po’ stropicciati/ Da una storia vissuta/ E poco dopo eravamo/ Stesi sopra una pietra/ Coi capelli in mano /Come una matita), dove la voce aggressiva di Blanco si sposa benissimo con quella melodiosa di Mina, facendone uno dei pezzi migliori dell’album.

Blanco dedica “Innamorato” alla sua nuova fiamma (Resta come sei tu/ Perfetta nel contesto/ Sotto un cielo aperto/ Non c’è niente di più bello/ Innamorato/ Di un tramonto che ogni sera poi si spegne dietro un campo/ E io poi ci piango), dimostrando di avere un animo molto sensibile dietro alla maschera aggressiva che si è creato.

Tutto l’album è pervaso da eccessi come in “Ancora, ancora, ancora” (Ci stanno quasi arrestando/ Andiamo a casa tua con la patente di un altro/ Un’altra volta ancora, ancora un’estate/ Un’altra volta ancora, le nostre fottute cazzate) oppure in “Raggi del sole” (Mi chiedi quando torni/ Non so quando ritorno/ Mi chiami e sono fuori/ Sono fuori controllo/ Quindi non ti rispondo), segno di una notorietà improvvisa difficile da gestire, ma necessaria per scappare via dalla provincia come canta in “La mia famiglia” (A Calvagese non c’è nulla/ Se non il vuoto che ti annulla/ Se non la fame di un sogno/ Quel sogno che c’è, ne ho bisogno/ E in quel posto sеi già morto/ E io forse son già morto).

Ma il lirismo più alto forse viene raggiunto nell’ultimo brano, “Vada come vada”, dove affiorano tutti i dubbi su quanto possa durare la vita da rockstar, dove le cazzate con gli amici diventano momenti memorabili (Vorrei rifarlo per la gioia, gioia).

In quei momenti di noia, noia/ Sopra un motorino in quattro, nessuno con il casco/ Per sentirsi il vento addosso, l’uno contro l’altro) e la scrittura diventa una necessità per lasciare un segno nel mondo (Scriverò una poesia, un vaffanculo/ Che rimanga nella storia o sopra un muro) e lascia una malinconia leggera che fa da contrasto ad un inizio album che voleva essere epico.

Michelangelo è molto bravo ad accompagnare gli umori del suo amico, mettendogli a disposizione basi adatte allo stile di Blanco, strizzando spesso l’occhio agli anni 80 e lasciando ampio spazio alle chitarre acustiche nei momenti più riflessivi.

“È un disco transitorio, volevo fare qualcosa di più grande“, ha affermato Blanco in conferenza stampa. Il risultato è comunque un album godibile, vario e soprattutto sincero.

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