Miglioricasinoonline.info ha condotto una ricerca riguardante lo sfruttamento dei lavoratori in Qatar per la realizzazione dei Mondiali del 2022. La ricerca, basata sui dati rilasciati da diversi enti internazionali, mette in luce una situazione raccapricciante.
I mondiali di calcio si stanno svolgendo nel Qatar dal 20 novembre scorso. La finale si giocherà il 18 dicembre. A impedire che la Coppa del Mondo sia una vera festa per lo sport più popolare del mondo, è la lunga scia di sangue che ha caratterizzato i lavori di preparazione. Gli stadi in cui si stanno svolgendo i mondiali sono stati teatro di una vera e propria ecatombe di lavoratori. La discussione nell’opinione pubblica è più concentrata su questo aspetto che sulle questioni agonistiche. Se il Qatar pensava di uscire vincente in termini di reputazione, la realtà sarà alla fine molto diversa.
I mondiali del 2022 saranno ricordati non solo per le prestazioni delle singole squadre, ma anche per lo sfruttamento dei lavoratori che hanno reso possibile la costruzione degli impianti sportivi.
Secondo il Guardian, sono stati 6.500 i morti tra i lavoratori impiegati nella costruzione degli stadi per i mondiali del 2022. Si tratta di un dato sottostimato, poiché non sono inclusi i dati di Paesi come Filippine e Kenya, che pure vedono un elevatissimo numero di lavoratori operanti nel Golfo.
I lavoratori sono stati costretti a turni di 12 ore consecutive senza potersi mai assentare e a vivere in baracche fatiscenti di pochi metri quadrati. Inoltre, come rivelato da un rapporto delle Nazioni Unite, le temperature erano proibitive, contribuendo così largamente alla carneficina.
Anche se alla fine lo stadio di Doha e gli altri impianti sono stati costruiti, il prezzo pagato dai lavoratori, in gran parte immigrati, è stato talmente pesante da lasciare l’amaro in bocca a un gran numero di tifosi. Tanto che, nel corso degli ultimi giorni, si registrano inviti a boicottare la visione di ogni gara prevista a novembre e dicembre.
Un contributo di sangue cui hanno partecipato in particolare:
Il Qatar è un paese che non si è mai mostrato interessato alle morti dei lavoratori durante i lavori per il mondiale di calcio. Nel 2020 ha approvato una riforma del mercato del lavoro, volta a migliorare le condizioni dei lavoratori immigrati, ma con salari minimi che ammontano a soli 230 euro/mese.
I Paesi dell’area non sono mai stati un esempio in tema di diritti del lavoro e gli eventi in questione non fanno che confermare l’assunto. In pratica stiamo parlando di un sistema semi-schiavistico, in cui i lavoratori non hanno alcun genere di diritto. Cui hanno rinunciato in partenza, decidendo di consegnare una quota al datore di lavoro e, soprattutto, il suo passaporto.
I problemi che circondano l’organizzazione sono diversi e tutti molto sentiti. Innanzitutto, c’è il problema delle condizioni di lavoro dei lavoratori che stanno lavorando alla costruzione degli stadi, come abbiamo potuto leggere finora.
C’è poi anche il problema dei diritti civili in Qatar. L’omosessualità è infatti un reato punibile in Qatar e l’ambasciatore dei mondiali ha dichiarato che è considerata una malattia mentale. Questi problemi hanno portato alcuni artisti, come Dua Lipa e Rod Stewart, a rifiutare di esibirsi in Qatar, rendendo molto difficile organizzare i classici festeggiamenti e party di apertura dei giochi.
I team partecipanti ai mondiali hanno espresso il proprio dissenso verso la scelta del Qatar come Paese ospitante. I giocatori dell’Australia, in particolare, hanno pubblicato un video in cui hanno chiesto la liberalizzazione delle relazioni omosessuali e un cambio di rotta in tema di diritti civili.
La Danimarca si è trovata di fronte alla decisione di Hummel, il produttore del suo materiale tecnico, di non associare il proprio marchio a una competizione bagnata dal sangue di migliaia di lavoratori, tenuta in un Paese i cui standard democratici sono praticamente inesistenti. La FIFA ha cercato di frenare la serie di proteste da parte degli atleti, chiedendo loro di concentrarsi sul calcio giocato e sulle partite, ma il suo atteggiamento ha avuto l’effetto esattamente contrario.
In particolare, un gruppo di federazioni europee, quelle di Inghilterra, Germania, Belgio, Svizzera, Svezia, Paesi Bassi, Danimarca, Norvegia, Portogallo e Galles, hanno risposto affermando la propria intenzione di continuare a battersi sui diritti umani. I tifosi delle squadre di club hanno iniziato a mobilitarsi con il trascorrere delle ore.
Com’è accaduto in uno dei luoghi più iconici a livello globale, la Curva Sud dello Stadio Olimpico di Roma, ove i tifosi giallorossi hanno issato uno striscione in cui si definiscono i prossimi mondiali di calcio alla stregua di una vera vergogna.
Amnesty International ha condotto un sondaggio nel quale il 73% degli intervistati si è dichiarato favorevole ad un risarcimento nei confronti dei migranti che hanno partecipato ai lavori per la realizzazione degli stadi.
In queste condizioni sembra impossibile parlare di una vittoria per il calcio.
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